IL BOSCO Dl S. ANTONIO è una pacifica foresta di faggi, alberi sacri a Giove insieme alle querce; il rosseg giare delle foglie era considerato premonitore di cruente battaglie mentre il cavo contorsionismo di alcuni antichi tronchi faceva intendere nascondigli di streghe.
Curiosamente in tedesco “faggio” si traduce “buche” da cui deriva “buch”ossia “libro” poiché un tempo dalla sua corteccia si ricavava la carta.
Che rapporto abbiamo oggi con il bosco? Sembrerebbe ci sia rimasta solo la meta foro dell’intrico esistenziale. Se capita di trascorrervi una giornata, fatichiamo a rilassarci, èaccettabile uno passeggiata che sia breve e in piano, ci sentiamo persi se il cellulare non prende, chiudiamo gli occhi per ascoltare meglio l”’mp3 “, difficilmente rinunciamo al rito asfissiante degli arrosticini ma, paradossalmente, sentiamo l’impellenza di riprendere ed immortalare la giornata con la telecomera, a futura memoria. Persino i figli in tenera età, nonostante la buona volontà nostra e loro, tendono a diffidare della presenza di fate e folletti; i nuovi mostri sono i brutti disegni di alcuni orridi cartoon a cui manco la morbida malvagità delle favole e dei disegni di qualche decennio fa. Del resto, lupi e orchi non mangiano più bambini ma si servono dal fastfood alla moda, Cappuccetto Rosso non ha più paura di fare brutti incontri nel bosco perché sa che è un reality show, i sette nani hanno sostituito Biancaneve con una filippina e Pollicino non si perde più da quando ha il navigatore satellitare.